«Un grande narratore capace di cogliere i dettagli più profondi nel magistrale artigianato del raccontare.»
La Stampa
«Sepúlveda ha il senso della narrazione concisa ed efficace, il gusto delle immagini finemente cesellate, un grande dono dell’evocazione che gli permette di rendere semplici, stilizzandoli, gli esseri e gli avvenimenti più complicati.»
Le Monde
In questi brevi e densi testi, scritti tra la primavera del 2005 e il dicembre del 2006, quando muore Pinochet, a tratti pare di procedere lungo una galleria degli orrori. L'ombra cupa del Generale e della sua famiglia rapace aleggia ancora sul Cile e sui ricordi di chi ha conosciuto in prima persona la crudeltà del tiranno, e ora assiste alla sua scomparsa. Fantasmi di intolleranza serpeggiano per le strade della pur civile Francia e sollevano la protesta degli emigrati, a testimonianza del fatto che nessun luogo geografico ha l'esclusiva sulle prevaricazioni. Fanno rabbia l'ingiustizia e la prepotenza a chi si è sempre battuto per una società a misura d'uomo. Tuttavia, in questa lucida disamina del mondo attuale, all'autore non viene mai meno la voglia di recuperare l'ottimismo. La speranza di una svolta c'è sempre. La incarnano un presidente donna alla guida del Cile, Michelle Bachelet; gli studenti in lotta, che rivendicano un sistema d'istruzione basato sulla qualità dell'insegnamento; i cileni che, dai più sperduti angoli del paese, hanno esercitato il diritto al voto, dando prova di maturità nelle scelte.